Yield oggi: dividendi petroliferi, scommessa del 2021

Scenderanno e di quanto? Quattro big – Total, Repsol, BP e R.D.Shell – a confronto. Tutte annunciano nuove politiche distributive. E guardano alla “green economy”.

Non ci sono solo i dividendi delle banche a preoccupare. Anche il comparto petrolifero fa soffrire, sebbene in questo caso non esistano supervisori istituzionali a regolare le quote da distribuire. Sono le singole società – nella loro totale autonomia – a decidere quali strade seguire. Inoltre, mentre le prospettive del sistema del credito appaiono pessime nel medio e lungo termine quelle delle leader dell’oil risultano migliori, poiché sempre più impegnate nei business alternativi dell’energia pulita. In aggiunta le loro quotazioni sono ancora deboli. Si stima che il relativo calo medio da inizio anno si aggiri sul 32%, considerando sia il mercato europeo sia quello Usa. Quindi se è vero che la distribuzione dei profitti scende è altrettanto vero che i “dividend yield” restano in alcuni casi interessanti.

Confronto di numeri
Basandoci su una recente ricerca della banca svizzera Ubs si stima che il valore medio dei dividendi per il 2022 si aggirerà sul 4-4,5%, pur con qualche dubbio dovuto alla scelta di varie Compagnie – fra cui Eni – di correlare gli utili da distribuire all’andamento delle quotazioni del greggio. Si parla di 2022 ma nel 2021 cosa succederà? Ecco alcune ipotesi di yield delle leader europee, visto che il comparto Usa viaggia su strade diverse. 

Total (FP – Parigi): il rendimento in corso è molto alto, stimabile in un 7,3%, tenendo conto di quanto già versato rispetto alla quotazione attuale. Nel prossimo anno probabilmente scenderà sul 5-5,5%, visto che gli 0,66 euro trimestrali saranno ridimensionati. Per ora si sa che l’11 gennaio (ex date 4 gennaio) tale importo verrà ancora pagato. Su quelli successivi l’incertezza è totale. Il p/e a oggi si aggira sui 10,5 e le stime per le quotazioni non sono di molto superiori rispetto alle attuali (40 euro contro 36,3). A un anno Total è sotto del 24,3%.

Repsol (REP – Madrid): il formidabile yield del 2020 (sull’10,5%) non troverà conferme nel 2021. Il 28 gennaio sarà infatti erogato 0,30 euro – probabilmente attraverso il cosiddetto scrip dividend, cioè con azioni – più 0,30 a luglio, in netto calo rispetto a 0,916 riconosciuto nel 2020 con due versamenti (0,424 euro a gennaio e 0,492 a luglio). La società parla però di un progressivo rialzo negli anni successivi con un obiettivo di 0,75 euro per il 2025, esclusivamente cash. Da notare che la nuova strategia quinquennale prevede un ambizioso piano di investimenti per 18.300 milioni di euro. Di tale importo il 30% (5,5 miliardi di euro) andrà a iniziative a basse emissioni di carbonio. Inoltre, l’azienda spiega che tali investimenti saranno accompagnati da un’espansione internazionale nell’area della “green energy”. In un anno il titolo ha perso il 34,3%, con un p/e ora sui 9,4.

BP (BP – Londra): è stata per lungo tempo una pepita per i “collezionisti” di dividendi. Venerdì sarà versato quello riferito al terzo trimestre 2020 di 0,039169 sterline per azione contro 0,040433 del trimestre precedente. Lo yield atteso è sull’8% ma dal prossimo anno scenderà. Il nuovo Ceo del gruppo, Bernard Looney, ha recentemente annunciato una politica di dividendi fissi, equivalenti a 5,25 cent di dollaro ogni trimestre. Difficile stimare il rendimento, visto che la quotazione viene data in crescita, almeno in base alle stime degli specialisti del titolo, e a causa dell’andamento delle valute. Si sa comunque che eventuale liquidità in eccesso spetterà a finanziare riacquisti di azioni e non alla crescita dei dividendi. La società in effetti è in una fase di profonda trasformazione e non è escluso che il rendimento scenda sul 5% entro il 2022. La partita è comunque aperta e interessante, data la tradizionale generosità di BP. Nel 2020 il titolo ha perso il 42,1% come quotazione, con un p/e in corso sui 9,3.

Royal Dutch Shell (RDS – Amsterdam): oggi viene pagato per le azioni della categoria A un importo di 0,1386 euro per azione. Intanto gli analisti si aspettano che la società guadagni solo 0,71 $ per azione relativamente all’anno fiscale 2020, a causa della pandemia, ma prevedono che gli utili per azione recuperino a 1,34 $ nel 2021 e poi a 1,99 $ nel 2022 e a 2,37 $ nel 2023. L’impatto sulla distribuzione dei profitti sarà però lento, poiché l’effetto degli investimenti sull’energia verde si farà sentire. Il taglio del 66% del dividendo deciso nei mesi scorsi ha pesato molto, sebbene il recente annuncio di una politica di aumenti del 4% ogni anno potrebbe riportare un po’ di fiducia nei confronti di una leader il cui “dividend yield” in corso si aggira sul 5,2%, considerando quanto versato nel 2020 in rapporto all’ultima quotazione. Il valore scende invece al 3,63% tenendo conto dell’ultimo importo, quasi certamente confermato per i prossimi trimestri. Il p/e si aggira sui 10,8. In un anno il titolo ha perso il 41,4%.

In sintesi allora!
I dividendi svolgono ancora un ruolo ma nettamente minore rispetto al passato nell’ambito dei giganti petroliferi europei. Gli yield sono scesi malgrado le quotazioni siano crollate ed è proprio su questo fattore di valutazione che occorre muoversi oggi. Il settore è apparso meno strategico nel 2020 ma tornerà a esserlo con la transizione verso l’energia verde. È un mondo cui guardare quindi in ottica di medio e lungo termine.  

Fonte trend-online.com – Articolo di Lorenzo Raffo

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