Troppo elevati i costi di ricarica alle colonnine pubbliche. Il ruolo centrale dei condomini. Continuiamo la nostra inchiesta sui prezzi salati delle ricariche pubbliche dei veicoli elettrici.
Le notizie, in apparenza, sembrano tutte a senso unico: a novembre le auto elettriche e ibride hanno rappresentato ben il 7% del mercato, portando il totale 2020 a 46mila veicoli il doppio del 2019.
E ancora: le case automobilistiche nel 2021 proporranno decine di nuovi modelli di auto elettrica, compresi i primi a basso costo; la rete di ricarica si è ulteriormente ampliata arrivando a 13mila punti; gli incentivi per l’acquisto di mezzi elettrici saranno confermati nel 2021; la mobilità elettrica è parte integrante della strategia europea per raggiungere gli obbiettivi climatici.
Insomma, l’elettrificazione dei trasporti italiani su strada sembra ormai una valanga inarrestabile.
Poi telefona un’amica, chiamiamola Anna, che, dovendo cambiare la sua vecchia auto a metano, era fermamente decisa a comprarne una elettrica.
Ma per ora, dice Anna, ci ha rinunciato; cercherà ancora un modello a metano, sperando che prima o poi sia possibile acquistare quello di origine biologica anche nell’area dove vive.
Perché Anna, che ha una forte coscienza ambientale, ha deciso di rinunciare al mezzo elettrico? Forse per il suo costo superiore? No, ne era consapevole ed era pronta a spendere di più.
Forse per la famosa paura del “restare a secco”? No, si era ben informata da chi l’auto elettrica ce l’ha già, e sa che è una paura esagerata: basta abituarsi alle caratteristiche della mobilità elettrica, e i disagi sono ben pochi e certo sopravanzati dai tanti vantaggi.
«Semplicemente non la posso ricaricare a prezzi e modalità ragionevoli», mi ha detto Anna. «Abito ai piani alti di un condominio che non ha punti di ricarica interni, né intende metterli, e non ho un box. Per ricaricare l’auto non avrei altra scelta che servirmi delle colonnine pubbliche, e dopo essermi informata sui prezzi delle ricariche, ho capito che i miei piani di recuperare il costo superiore del mezzo, risparmiando sul ‘carburante’ non si sarebbero mai concretizzati».
Abitando in campagna, non mi ero posto il problema di come chi abita in un condominio possa ricaricare un’auto elettrica, per cui sono andato a verificare la consistenza dell’ostacolo incontrato da Anna, facendo un po’ di semplici conti.
Un’auto a benzina, considerando un costo al litro del carburante di 1,4 euro e una percorrenza di circa 18 km/litro, spende intorno a 7,7 € per 100 km.
Ricaricare alla presa di casa un’auto elettrica può costare da 0 €/kWh, se l’abitazione è dotata di un impianto solare fotovoltaico e si riesce a utilizzare solo la sua energia, a circa 0,20 €/kWh, considerando il costo medio della corrente di rete: visto che questi veicoli consumano circa 0,14 kWh/km, per fare 100 km, dunque, la spesa ricaricando da casa andrebbe da 0 a 2,8 €.
Considerando una percorrenza media annuale di 15.000 km, il minor costo per i pieni rispetto all’auto a benzina andrebbe dai 1.150 ai 740 euro all’anno, a cui, naturalmente vanno aggiunti il risparmio di bollo, assicurazione, manutenzione e riparazioni, che consente l’auto elettrica, facendo sì che un utente in pochi anni riprenda l’extracosto del mezzo, e poi inizi a risparmiare.
Tutto questo, però vale se un utente può attaccarsi alla spina di casa. Ma per chi non può farlo?
Allora deve trovare nei dintorni della propria abitazione un punto di ricarica pubblico, lungo la strada. E qui cominciano i dolori, come abbiamo già scritto di recente .
Il costo minimo dell’elettricità in queste colonnine è di 0,40 €/kWh, il doppio di quello domestico. Se poi fosse possibile solo ricaricare presso le colonnine veloci, la batosta diventa più salata in proporzione alla loro potenza: fino a 0,75 €/kWh.
Quindi la forchetta di spesa per “i pieni” per chi è costretto a ricaricare in strada, varia da 5,6 € fino a 10,5 €/100 km, riducendo drasticamente, fino ad annullare ed invertire a favore delle auto a benzina, il risparmio sul “costo carburante”.
Per non parlare poi della scomodità di dover ricaricare lontano da casa, e doversi anche ricordare di disconnettere e spostare l’auto appena terminato il “pieno”, per evitare i pesanti extracosti a cui va incontro chi occupa il posto per la ricarica, senza più averne bisogno.
Ecco, quindi, che le titubanze di Anna si rivelano giustificate, e se si è scoraggiata lei, che è una convinta ambientalista, figuriamoci quanti altri milioni di italiani nella sua stessa situazione abitativa eviteranno di acquistare in futuro un mezzo elettrico fino a che non si troverà una soluzione al problema. Ma quale?
Lo abbiamo chiesto all’associazione MOTUS-E, che riunisce diverse realtà imprenditoriali e industriali nella promozione delle auto elettriche.
«Conosciamo bene queste problematiche, tanto che abbiamo pubblicato da poco la seconda edizione del “Vademecum per le ricariche condominiali e private”», ci dice l’ingegner Francesco Naso, responsabile Technology, Market and Environment di MOTUS-E.
«In questo testo – ci spiega – sono state affrontate le casistiche condominiali per supportare gli amministratori di condominio nell’installazione di punti di ricarica, fornendo informazioni sui cambiamenti normativi avutisi nel 2020, in primis il superbonus 110%. Secondo le nostre analisi, nella rivoluzione dei mezzi elettrici il ruolo dei condomini sarà sempre più centrale, e quindi andranno gestiti con un’attenzione prioritaria verso le esigenze dei nuovi sistemi di mobilità».
Ma perché costa così caro ricaricare alle colonnine?
«La tariffa pubblica sconta la presenza di oneri di sistema e altri oneri parafiscali, oltre alle tasse, che riducono notevolmente i margini di fissazione del prezzo per gli operatori».
Da noi la ricarica in strada costa di più che in Europa?
«I costi in Europa risultano abbastanza allineati ai nostri. Per fare alcuni esempi, Has.to.Be a Monaco applica un costo fisso di 14 €, compreso il costo del parcheggio; mentre a Berlino, Allego applica 0,44 centesimi sulle colonnine veloci da 22 kW, così come New Motion. In Francia EFFIA applica 0,3 centesimi di ricarica, oltre al parcheggio; EV Box applica 0,38 €/kWh + 0,18 € di attivazione. Magari la differenza è che, più spesso che da noi, nei paesi europei dove la penetrazione di mezzi elettrici è più avanzata, si propongono abbonamenti di ricarica flat a costi calmierati, anche associati all’acquisto dell’auto o come integrazioni della fornitura di energia domestica».
Ma esiste la possibilità di ricaricare gratuitamente per chi non può farlo a casa?
«C’è in alcuni grandi centri commerciali, per esempio Esselunga o Carrefour, che fanno accedere alla ricarica i loro clienti gratuitamente. Altri offrono tariffe scontate. In Italia ci dovrebbero essere 100-200 punti di ricarica di questo genere».
Voi lavorate per la promozione dell’auto elettrica e ovviamente siete molto favorevoli agli incentivi per l’acquisto di questi mezzi. Ma non credete che sarebbe anche molto importante chiedere di ribassare il costo della ricarica in strada, per aiutare l’acquisto anche di coloro che non possono ricaricare in casa?
«Lo abbiamo già fatto, inviando una serie di proposte ad ARERA, l’autorità di regolazione per energia reti e ambiente, che ha anche il compito di regolamentare la tariffa del servizio di ricarica, chiedendo appunto di equiparare i costi del kWh alle colonnine in strada a quello privato, così da incentivare ulteriormente la diffusione e l’utilizzo delle ricariche pubbliche, anche da parte di chi non ha alternative».
Speriamo le prendano rapidamente in considerazione, così magari Anna ci ripensa.
Fonte qualenergia.it – Articolo di Alessandro Codegoni