Benzinai e pompe di benzina: l’evoluzione della specie.

Dalla drogheria al centro commerciale, dal primo ‘900 al 2020: la stazione di servizio e le soluzioni per fidelizzare l’automobilista a una benzina.

Oggi fare benzina è una cosa scontata e le stazioni di servizio sono una componente fissa del nostro paesaggio. Non è sempre stato così: il rifornimento si è evoluto nel tempo, con la diffusione degli impianti e con le guerre di marketing tra compagnie petrolifere.

In principio c’era la farmacia. A inizio ‘900 la benzina in Italia era venduta in drogheria e in farmacia: contro i pidocchi, dicevano, ma anche per le lampade a olio e come smacchiatore. Le poche automobili circolanti acquistavano il carburante direttamente nella latta o si rifornivano alle prime, rudimentali pompe di benzina fuori dal negozio; negli USA si faceva il pieno anche all’emporio.


Nel 1913, a Pittsburgh (Pennsylvania, USA), fece la sua apparizione la prima, vera stazione di servizio: un luogo appositamente deputato al rifornimento, a cui si aggiunsero lavaggio, lubrificazione e vendita di pneumatici. Bisogna aspettare gli anni ’20 per vederle anche in Italia: con la diffusione delle auto e la motorizzazione del Paese, i posti di rifornimento – fossero delle semplici pompe a bordo strada o delle vere e proprie stazioni di servizio – si diffusero, e le società petrolifere fecero il loro ingresso nel nostro Paese. Con l’aumento delle auto crebbe anche la competizione per accaparrarsi il maggior numero di automobilisti: si svilupparono moderne strategie di marketing, volte soprattutto a fidelizzare la clientela.

L’ORGOGLIO DEL MARCHIO. Se nelle strade e sui giornali si moltiplicavano grafiche e annunci promozionali (la Mobil addirittura considerava la pubblicità “scientifica ed educativa”), il marchio era centrale: doveva diventare familiare e riconoscibile, ispirando quella fiducia che avrebbe reso i clienti fedeli per tutta la vita. Così, sulle pompe fecero la loro comparsa i globi luminosi, ben visibili anche di notte: bisognava sempre ricordare dove si stava facendo benzina!
Un ruolo importante lo giocavano anche i simboli: dall’omino Fiat alla conchiglia Shell, per arrivare nel secondo dopoguerra al cane a 6 zampe della Agip, al Tigre di Esso e al Pegaso di Mobil. Se negli anni ’30 a fare la differenza era la qualità del prodotto, durante il boom economico, negli Anni ’50-’70, si puntava piuttosto sui gadget e sul servizio – che doveva essere “preciso, cordiale e completo”. Tra impianti moderni, autolavaggi e regalini, iniziava un periodo in cui i benzinai si facevano una vera e propria guerra all’ultimo cliente.

L’ERA DELLA RÉCLAME. Novità importanti arrivavano anche nella pubblicità. Accanto alla radio e ai giornali spuntava infine la televisione anche in Italia, e le compagnie petrolifere, forti di un’esperienza consolidata negli USA, ne approfittarono subito – e il primo sketch della prima puntata di Carosello, andata in onda sul Programma Nazionale (l’unico esistente) il 3 febbraio del 1957, era della Shell: Contributo Shell per la sicurezza stradale. Con gli anni il messaggio pubblicitario cambiò, e di tanto, arrivando anche alla realizzazione di spot provocanti o eclatanti, come la scandalosa Superissima BP degli anni ’70, che pure oggi ci appare così banale.
Apprezzatissimi i gadget, dalle radioline ai giocattoli, dagli articoli da spiaggia agli orologi, ma gradualmente la pratica di regalare oggetti fu sostituita da bollini e raccolte punti che, ricompensando la fedeltà del cliente, mettevano a disposizione premi più ricchi e allettanti. Altra grande vetrina erano le corse, in cui le case petrolifere potevano mostrare al pubblico l’efficienza dei propri prodotti.

TEMPI MODERNI. Quell’epoca è però finita. Tante società hanno lasciato l’Italia e, soprattutto, sembra che l’affezione al marchio sia acqua passata. Uno studio dell’italiana Surveyeah ha fatto emergere quanto siano cambiate le abitudini degli automobilisti alla stazione di servizio, a partire da un buon 63% degli italiani che preferisce il self-service, mentre sono perlopiù le donne (60%) che si affidano al benzinaio.

In generale, la maggior parte degli automobilisti (87%) è ancora cliente fisso di un impianto, ma i fattori che influenzano la scelta sono cambiati: il 62% guarda il prezzo, il 28% la posizione; in pochi (meno del 7%) scelgono in base al marchio, e quasi nessuno ormai (3%) fa caso alla cortesia del gestore. Anche nel campo dei lubrificanti le cose sono mutate: solo il 33% si definisce un cliente fedelissimo e c’è un buon 26% di automobilisti che nemmeno fa caso alla marca di olio utilizzato.

Insomma, il marchio ha ancora il suo peso, ma le esigenze sono diverse: non più gestori sorridenti, gadget curiosi e colori sgargianti; piuttosto, prezzi bassi, self facili da usare e, magari, presenza di colonnine elettriche, metano e idrogeno. C’è tuttavia un ritorno al passato sotto altri aspetti: all’inizio le pompe di benzina erano abbinate ad altre attività, come empori e negozi; oggi si assiste a qualcosa di analogo: per i benzinai del futuro si parla di centri commerciali, pizzerie, addirittura palestre. Perché con la diffusione delle auto elettriche, agli automobilisti bisognerà pure proporre qualcosa da fare durante la ricarica!

Fonte focus.it – Articolo realizzato con il contributo di Marco Mocchetti del Museo Fisogni, storica esposizione della più grande collezione al mondo di pezzi inerenti le stazioni di servizio dal 1892 al 2001.

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