NewsRassegna Stampa

Transizione ecologica e governo Draghi.

Il passaggio dal Conte 2 al governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi comporta dei cambiamenti sulla linea della politica energetica. Intervista al deputato Luca Squeri, responsabile Energia di Forza Italia.

Transizione ecologica e scelte politiche. Dall’opposizione del governo Conte 2 Forza Italia ha criticato l’impostazione del Pniec (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) che ha stabilito gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2. L’adesione al governo Draghi si spiega anche con un mutamento di orientamento che il partito fondato da Berlusconi ha riscontrato nel nuovo esecutivo che vede tra le novità l’istituzione di un nuovo ministero della Transizione ecologica. Per cercare di entrare nel merito della questione abbiamo sentito il deputato Luca Squeri, che è il responsabile Energia di Forza Italia.

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 19-01-2012 Roma Politica Rai – trasmisione porta a porta liberalizzazioni Nella foto: Luca Squeri, impianti carburante

Cosa cambia con il governo Draghi?Il Pniec redatto dal passato governo partiva da quello che a me pare un obiettivo errato e cioè l’incremento del consumo di corrente elettrica. Il vero obiettivo è quello di sostituire il fossile con le energie rinnovabili complessivamente intese che non coincide con l’incremento in tutti i settori dell’utilizzo di corrente elettrica. Parlo di “corrente elettrica”, come la chiamavano i nostri genitori, perché non si tratta di una fonte di energia ma di un vettore. Il paniere del consumo energetico è composto attualmente per il 50% dal termico, il 25% dall’elettricità e il restante 25% dalla mobilità. Quel 25% di elettrico proviene per il 30% da fonti rinnovabili e il 70% da fossili. Sarebbe già un obiettivo importante colmare questo divario, mentre con l’attuale Pniec si vuole puntare sull’elettrico come vettore protagonista anche per la mobilità e il termico.

Lei cita Marchionne secondo il quale le macchine elettriche sarebbero state “una minaccia all’esistenza del pianeta”. In che senso?Perché sapeva che l’enfasi sulla mobilità elettrica tralascia di porre l’attenzione su come si produce la corrente elettrica e cioè in gran parte da fonti fossili. Anche Akio Toyoda il numero 1 di Toyota, terza produttrice di auto elettriche al mondo, invita a fare i conti con la realtà. Perché una macchina elettrica costa di più e inquina di più se consideriamo la filiera completa “dal giacimento alla ruota” e cioè come viene prodotta di fatto la corrente elettrica. Il gran premio di Formula 1 delle macchine elettriche tenutosi nel 2019 nella città di Roma era alimentato dai motori a gasolio che caricavano le batterie delle stesse auto.

Esiste per il settore trasporti su gomma una diversa alternativa al petrolio e gas?Certo, ci sono altre fonti energetiche come il biofuel, il biocarburante è in una fase di grande espansione dal punto di vista tecnologico e della possibilità di consumo. In tal modo avrebbe ricadute positive nella nostra economia mentre con l’elettrico dipenderemo troppo dalla tecnologia estera soprattutto cinese.

Già ora l’Eni sarebbe in grado di produrre al 100% il biodiesel come fonte innovabile.

Già adesso? E perché non lo fa?Perché costerebbe troppo al consumatore, non è conveniente a livello commerciale. Su tale tipo di carburante grava infatti la stessa accise (imposta,ndr) prevista per quello di origine fossile.

Ma come si produce il biofuel?Quello di prima generazione proveniva da grandi produzioni di olio di palma, di mais e di altri cereali con il problema di indurre monocolture in campo agricolo e quindi il rischio della deforestazione. Quello di seconda generazione proviene dagli scarti agricoli, forestali e dalla frazione umida dei rifiuti secondo un criterio di economia circolare. A Mestre esiste una intera raffineria dell’Eni convertita al biofuel.

La vera svolta in campo energetico è attesa dall’idrogeno. Cosa ne pensa?La vecchia maggioranza puntava tutto sull’idrogeno verde, quello cioè prodotto solo da fonti rinnovabili. Purtroppo attualmente non è possibile attendersi che il fotovoltaico e l’eolico siano in grado di produrretutto quello che necessità per i nostri consumi energetici. Sarà necessario per un certo periodo usare l’idrogeno blu, prodotto dai gas senza emissione di CO2 che viene catturata e stoccata sotto terra. Una tecnologia (CCS) già allo stadio molto avanzato di elaborazione, fattibile e molto più economica dell’idrogeno verde. Il ministro Cingolani si è già espresso per una linea più aperta che prevede il ricorso a queste due tipologie di idrogeno e non ad una sola.

La Ccs è un cavallo di battaglia dell’Eni…Mentre l’Enel è la grande sostenitrice dell’idrogeno verde. Tesi sposata dal Conte 2, mentre il nuovo governo esprime un orientamento più pragmatico e realista. Auspico che tale approccio sia utilizzato

anche per quanto riguarda il ricorso alle biomasse per ricavarne energia termica. Anche in questo caso non è possibile pretendere di ricorrere solo all’eolico e al fotovoltaico. A livello europeo (Francia Germania e Spagna) siamo al 70% di energia termica proveniente da biomasse, mentre in Italia l’attuale Pniec lo ridurrebbe al 35% perché si vuole privilegiare il ricorso alla corrente elettrica. In Francia si prevede la sostituzione della produzione di corrente elettricità dall’energia nucleare con 900 mila caldaie a biomassa. Sistema termico prodotto da bioenergia.

Che effetti si hanno sull’ambiente dalla produzione delle biomasse?Il problema della produzione di particolato dalla combustione delle biomasse è superato dalle nuove tecnologie 5 stelle che lo riduce a quello del gas (quindi molto basso) mentre è a emissioni zero rispetto la CO2.

Non esiste un problema di reperimento di materia prima?Si tratta di incentivare il ricorso all’economia circolare. In Italia abbiamo un incremento di patrimonio boschivo pari a 900 metri quadrati al minuto. Tale accrescimento viene utilizzato al 65% in Europa mentre da noi stiamo al 18%. Non si tratta perciò di usare “l’albero” ma gli scarti di un patrimonio che va gestito. Siamo tra i maggiori consumatori di legno ma anche i maggiori importatori perché non usiamo quello che abbiamo. Un altro esempio, in Lombardia si producono 6 milioni metri cubi di refluo zootecnico di cui ne utilizziamo solamente il 10%.

Esiste una mancanza di cura del nostro patrimonio boschivo come dimostra il disastro avvenuto nel bellunese qualche anno addietro…Ma quegli alberi non erano il frutto della natura astrattamente intesa. Erano il bosco piantato dalla repubblica marinara di Venezia per costruire le loro navi e usato fino al 18° secolo. In Italia abbiamo una concezione museale dei boschi che, invece, hanno bisogno di manutenzione, taglio, disboscamento e ripiantumazione. Anche ai fini produttivi come avviene in Europa.

Tornando alla questione dell’idrogeno, resta il fatto che abbiamo due società controllate dallo stato che portano avanti due linee diverse, Enel per l’elettrico e Eni per il gas. Come se ne esce?Con un visione politica capace di tener presente le reali possibilità in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Nel caso dell’Ilva di Taranto 2 il governo Conte 2 si era esposto per l’impiego dell’idrogeno verde. E ora?Si tratta di spendere bene i soldi del recovery fund. Il principio cardine della transizione energetica è quella della neutralità energetica, cioè quella di poter estrapolare da ogni fonte il meglio possibile senza soluzioni unilaterali, privilegiando l’idrogeno verde, soluzione ottimale in teoria ma non adatto da solo a poter raggiungere gli obiettivi che l’Ue si è prefissata per il 2050.

È ancora possibile tornare all’uso dell’energia nucleare?Non possiamo tornare indietro. Esistono problemi di sicurezza ed esempi eclatanti che portano ad abbandonare tale tecnologia per concentraci sulle fonti rinnovabili che hanno grandi possibilità di innovazione e ricerca. Ma dobbiamo fare in fretta per non estinguerci come umanità e fare la fine dei dinosauri. Il futuro energetico avrà come protagonista il nucleare ma non quello che conosciamo ora basato sulla scissione dell’atomo che porta con sé problemi di sicurezza; la nuova era sarà, guardando le stelle e il perché del loro splendore, la fusione nucleare che sta muovendo i suoi primissimi passi nei laboratori di ricerca. Ma dobbiamo aspettare qualche decennio.

Fonte cittanuova.it  –  Articolo di Carlo Cefaloni

Mostra di più

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio