L’allarme dei gestori di impianti, a caccia di lavaggisti e addetti al rifornimento.
Milano – Cerca un lavaggista e un addetto alla pompa di benzina ma non li trova. “Da tempo facciamo fatica a reperire ragazzi italiani ma da quando è scoppiata la pandemia la situazione è peggiorata. Non si presenta più nessuno a lasciare un curriculum, neppure gli stranieri. Abbiamo pubblicato un annuncio su un noto portale un mese fa ma abbiamo ricevuto solo cinque candidature: nel passato ne arrivavano un centinaio” dice Francesco Denise, 69 anni, a capo di due distributori di carburanti (in piazza Trento e in via Antonini) dopo una carriera iniziata 50 anni fa proprio come “semplice” addetto.
A differenza di altri settori qui gli affari stanno andando bene: “Da maggio, grazie alla forte ripresa del traffico veicolare, il fatturato della stazione di piazza Trento è praticamente lo stesso del 2019. Ho bisogno di due persone in più perché a breve riaprirà un altro distributore vicino a piazza Napoli, rimasto chiuso per il cantiere della M4”. Ma la ricerca sta diventando una caccia al tesoro: “Quasi tutti i miei colleghi sono sulla mia stessa barca. Sarà un effetto del reddito di cittadinanza che disincentiva la ricerca del lavoro”. C’è anche dell’altro. L’orario di lavoro è per 45 ore alla settimana, “incluso il sabato mattina e per molti ragazzi è un problema” e poi c’è una questione reputazionale: “I giovani snobbano il mondo dei carburanti perché è considerato svilente fare un lavoro fisico in cui si torna a casa con la tuta sporca e si rimane in inverno a congelare e in estate a cuocere sotto il sole”. In piazza Trento, a dare una mano al “boss” ci sono Lindo, 24enne di origini kosovare, e Vincenzo, italiano di 62 anni, benzinaio della “vecchia guardia”: “I giovani vogliono lavorare tutti nel marketing” dice. Ci sono anche i due figli di Denise: “Sono uno dei pochi fortunati. In genere nessuno segue le orme dei padri in questo settore”.
Contattando altri distributori di carburanti si ascolta lo stesso cahier de doléances . “Ci ho messo sei mesi a trovare una risorsa e solo per merito di un ex dipendente originario dello Sri Lanka che mi ha passato il contatto. È un cingalese di 30 anni. Mi sarebbe piaciuto assumere un connazionale ma l’ultimo italiano che è passato a lasciare un curriculum lo ha fatto cinque anni fa. Quando dico a un ragazzo che qui bisogna lavorare anche mezza giornata il sabato mi risponde: “Non esiste”” racconta Antonio Travisano, gestore di una stazione di via Tito Livio. Anche Mario Zolt, collega di un impianto in via Novara, conferma di aver avuto bisogno di ricevere una “segnalazione” per completare il suo staff: “Ho trovato un ragazzo ecuadoregno solo grazie alla rete di conoscenze di mia moglie. Eppure gli stipendi nel settore non sono da buttare via: sono circa 1.300 euro al mese con 14 mensilità all’anno”. “Cercavo una figura per la sostituzione maternità. Di colloqui ne ho fatti diversi ma appena apprendono che da noi, essendo in autostrada, si lavora su turni, incluso il sabato e domenica, non sono più interessati. Alla fine ho assunto un tunisino di 45 anni” la testimonianza di Massimo Terzi, gestore di un impianto sulla rete autostradale nei pressi di Cascina Gobba.
Fonte ilgiorno.it – Articolo di Annamaria Lazzari