Egiziani accusati di ’caporalato’. Hanno sfruttato per almeno due anni una trentina di connazionali con turni di 12 ore e paghe da fame.
Autolavaggio a prezzi stracciati, ma a discapito dei dipendenti, pagati appena tre euro all’ora per lavorarne 12 al giorno. Scattano le manette per quattro uomini di nazionalità egiziana, uno già in carcere e gli altri sottoposti alla detenzione domiciliare, per intermediazione e sfruttamento aggravato del lavoro in concorso, in altre parole “caporalato”. Il capo dell’autolavaggio “I Faraoni”, tra gli arrestati e anche lui di nazionalità egiziana, era riuscito a sbaragliare la concorrenza, fissando tariffe molto al di sotto della media, ma non aveva pagato 150mila euro di contributi, impiegando “in nero” 18 lavoratori, due dei quali sprovvisti di permesso di soggiorno. La paga oraria corrisposta era meno della metà dei 6,51 euro contrattualmente previsti, omettendo il pagamento di ogni versamento accessorio e obbligatorio, previsto dal contratto collettivo nazionale per un risparmio totale di 387mila euro.
Ieri mattina, nell’area di lavaggio, accanto al distributore di carburanti di via Einstein, tra Cuccurano e Bellocchi, è scattata l’operazione “Car wash”, sotto gli occhi degli automobilisti in attesa di lavare la propria vettura. Perché bisogna anche dire che i guadagni fioccavano: oltre 150 auto al giorno, era la media dei lavaggi. In azione, con diverse pattuglie, i carabinieri del Gruppo tutela del lavoro di Venezia, coadiuvati dai colleghi dei Comandi provinciali di Pesaro e Urbino, Latina e Ravenna. Gli arrestati sono accusati di aver commesso i reati contestati nei confronti di decine di stranieri, per la maggior parte loro concittadini, costretti a turni massacranti, senza giorni di riposo, non tutelati dal rispetto delle norme sulla sicurezza e sulla formazione e privi dei dispositivi di prevenzione alla diffusione della pandemia. In tarda mattinata, si è tenuta una conferenza stampa dei militari guidata dal colonnello Giovanni Palatini, con accanto la direttrice dell’ufficio ispettorato del lavoro Cristiana Di Muzio e il maresciallo Fabrizio Notarnicola.
I quattro egiziani, approfittando dello stato di indigenza dei dipendenti e del bisogno di rinnovare il permesso di soggiorno, negavano dunque il riposo settimanale, imponendo persino il pagamento di 150 euro per un posto letto, in alloggi fatiscenti, privi di riscaldamento, con servizi igienici inadeguati. Il provvedimento, emesso dal gip del tribunale di Pesaro, su richiesta della locale Procura, ha origine da un’attività investigativa avviata e condotta, tra i mesi di febbraio 2020 e marzo 2021, dai militari del Nucleo carabinieri Ispettorato del Lavoro di Pesaro Urbino, a seguito delle risultanze ispettive conseguenti una serie di controlli, effettuati ad impianti di autolavaggio della nostra provincia e di quelle limitrofe.
Dalle indagini è risultato che l’impresa, con sede legale a Fano, reclutava cittadini, prevalentemente egiziani, da impiegare come manodopera, in condizioni di sfruttamento, presso impianti del settore dell’autolavaggio, non solo di qui ma anche in altre regioni. Gli accertamenti sono stati condotti dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro, che si sono serviti di complessi servizi di osservazione, pedinamento, videoriprese, controlli ispettivi e acquisizione di informazioni testimoniali, rese da numerosi lavoratori. E’ emerso che il datore di lavoro di fatto non era il titolare effettivo ma un tirapiedi. Questi si occupava della direzione del personale, nonché di riscuotere gli incassi settimanali, servendosi degli altri tre indagati per reclutare, trasportare e impiegare, anche “in nero”, i lavoratori presso l’autolavaggio. Che non è stato sequestrato ma solo chiuso per un giorno. Oggi forse sarà già aperto. A prezzi diversi.
Fonte ilrestodelcarlino.it – Articolo di Marco D’Errico