POSIZIONE FEGICA FIGISC SUL “CARTELLO PREZZI”: NOTA AL SETTORE

Cari colleghi,
in relazione all’incontro in sede Mimit del 22 marzo scorso sulla vicenda emanazione DM a corredo della Legge 23 del 15/3/2023 e della successiva riunione del “tavolo di settore” tenuta in sede Unem in data 23 marzo scorso, le scriventi Federazioni – pur apprezzando il lavoro di sintesi fatto da altri colleghi – riassumono di seguito, la loro posizione portandola al vaglio di tutti gli altri componenti il tavolo stesso supponendo che si possa raggiungere un’intesa che consenta di arrivare ad una proposta condivisa da presentare al Mimit.
Rimane, certo, l’opzione dell’impugnativa dell’emanando DM ma questa, al momento, rimane sullo sfondo:

1. SISTEMA RILEVAZIONE PREZZO MEDIO REGIONALE E SUA ESPOSIZIONE AL PUBBLICO:
E’ evidente che qualsiasi prezzo medio venisse rilevato, in qualsiasi ora, sarebbe comunque già obsoleto al momento della sua applicazione in quanto “fotografia della situazione del giorno precedente”. Il nostro sistema prezzi è un sistema “dinamico” in quanto i Gestore, secondo l’ultima norma è obbligato a comunicare i prezzi all’Osservatorio -in aumento o in diminuzione – nel momento stesso in cui viene messo a conoscenza, della variazione. Ciò comporta che, quand’anche il Gestore “pubblicizzasse” il prezzo medio regionale comunicato dall’Osservatorio all’ora indicata, questo non potrebbe rilevare le variazioni in corso di giornata da altri operatori (e finanche dal titolare del proprio impianto) con differenziali che potrebbero determinare “situazioni di conflitto” con gli automobilisti.

Per risolvere il problema potrebbero esserci due strade: la prima è che la norma arrivi ad obbligare i fornitori a cambiare il prezzo una sola volta alla settimana: ciò consentirebbe – nella settimana successiva alla comunicazione – di avere un prezzo medio regionale “reale”. Ciò potrebbe apparire lesivo del diritto di “concorrenza” ma l’intera norma è, essa stessa, negazione del diritto della concorrenza e della competitività del mercato in quanto obbliga soggetti (imprese e micro imprese) a prezzi che sono, sostanzialmente, allineati.

Nello specifico, poi, va rilevato che il prezzo medio – costruito come risultato aritmetico delle dichiarazioni inviate dai Gestori all’Osservatorio – non tiene conto di alcune variabili: non tutti i Gestori effettuano vendite in Self; non tutti i Gestori comunicano il prezzo praticato in modalità servita. Ne consegue che la media aritmetica risulterebbe comunque falsata (in quanto non terrebbe conto di dati reali) ed inoltre la stessa media sarebbe il risultato di vendite effettuate anche da impianti senza Gestore (ghost in primis) e da una pletora di impianti “finti” che ancora oggi – con comunicazioni recentissime – espongono un prezzo al pubblico compreso fra 1 e 1,500 €/litro. Ciò determina – oltre alla scarsa affidabilità del prezzo medio – anche una fonte notevole di confusione.

2. QUANDO ACQUISIRE IL PREZZO MEDIO REGIONALE:
Costringere il Gestore, ogni giorno, a “visitare” il sito (con le difficoltà note a tutti) per acquisire il prezzo medio regionale (e senza alcun ricevuta dell’avvenuta rilevazione) è una costrizione cui non è sottoposta alcuna Categoria nel nostro Paese (ma nemmeno in Europa). In teoria dovrebbe essere il Mimit a comunicare il prezzo medio regionale giornaliero oppure – per ovviare a quest’altro pasticcio – la comunicazione dovrebbe avvenire a cura del Mimit. Infine sarebbe utile perseguire la condizione che l’obbligo per il Gestore – con ricevuta dell’avvenuta consegna emessa dal sistema – scatti nel momento in cui il medesimo Gestore invia la comunicazione all’osservatorio. Inoltre è emerso che nei casi in cui il gestore effettua tutta la procedura ma essa non va a buon fine per problemi tecnici oppure di collegamento, il sistema non rilascia nessuna ricevuta di mancato recapito che possa attestare il tentativo effettuato dal gestore ma rifiutato dal sistema.

3. COME COMUNICARE AL PUBBLICO IL PREZZO MEDIO REGIONALE:
Giova ricordare che, come sopra illustrato, il prezzo medio regionale è tale solo in via teorica; in via pratica, invece, è vecchio in quanto fotografa una realtà in continua evoluzione. Se si decidesse di utilizzare un “cartello fisico”, questo dovrebbe ricordare ai consumatori che il prezzo medio è riferito almeno al giorno precedente per evitare contestazioni e segnalazioni alla GdF. Al momento esiste l’obbligo, presso ogni impianto – a prescindere che sia una stazione di servizio, di rifornimento oppure un “chiosco da marciapiede” (oltre il 30% della rete non è provvisto di adeguato fuori strada) – il Gestore ha l’obbligo di pubblicizzare, per ogni modalità di vendita (servito-self) il prezzo praticato ed il relativo differenziale fra la modalità con il prezzo più basso (self) e quella con il prezzo più alto (servito).

Senza voler speculare, in un impianto che eroga due prodotti “normali” (benzina e gasolio) e due prodotti speciali (premium benzina e premium gasolio senza considerare i nuovi prodotti che si stanno affacciando sulla rete), il Gestore dovrà dare pubblicità a 8 o a 12 prezzi qualora il differenziale non sia uguale su tutti i prodotti. Il prezzo medio regionale sarebbe, in questo caso, la tredicesima informazione destinata all’automobilista!

Se, invece, il problema fosse quello dell’informazione da rendere ai consumatori e non l’applicazione acritica della norma (con attenzione ai valori semantici), anche utilizzando gli spazi consentiti dall’art. 1, comma 2, ultimo capoverso della Legge 23/2023, il Mimit può disporre strumenti che consentano di ottenere lo stesso risultato. Magari utilizzando il tanto vituperato QRcode che potrebbe essere inserito nel “cartellone” e potrebbe rimandare al prezzo medio regionale indicato dal Mimit. Ciò ovvierebbe alle criticità indicate ed allevierebbe – ammesso che sia di interesse del Governo – il carico sui Gestori. D’altra parte la stessa Legge 23, all’art. 1, comma 3bis indica proprio la strada della “digitalizzazione” come quella da percorrere per migliorare la fruizione dell’informazione (stanziamento iniziale di 500 milioni).

Deve comunque essere chiaro che non è possibile l’applicazione di una norma con “due velocità”: quella riservata ai Gestori tradizionali e quella concessa agli impianti “ghost” per i quali qualcuno si spinge a sostenere che, nel transitorio, potrebbero essere autorizzati alla sola esposizione del QRcode. Ciò sarebbe discriminatorio e sarebbe comunque oggetto di un’immediata impugnativa nei davanti alla competente autorità, chiamata anche ad esprimersi sui livelli di “competitività” che tale scrittura determinerebbe.

4. TEMPI APPLICAZIONE DELLA NORMA:
Ovviamente, considerando gli investimenti necessari – quantificati già da qualche operatore come superiori ai 300 milioni – l’entrata in vigore della norma – anche facendo riferimento alla precedente normativa regolatoria (da ottobre 2010 a Settembre 2013 con vari step intermedi) – dovrebbe essere spostata al 1 gennaio 2024. In questo lasso di tempo (appena 9 mesi) per approntare – con o senza remotizzazione – gli strumenti necessari ad informare gli automobilisti del prezzo medio necessario.

Strumenti che debbono essere precisi per evitare che gli Organi di Controllo, applichino “soggettivamente” la norma (come sta accadendo anche in questi giorni). E’ di tutta evidenza che trattandosi di “attrezzature” complementari alla distribuzione, l’intero onere (e le relative sanzioni) debba ricadere sui proprietari dell’impianto essendo preclusa, ai Gestori, ogni attività ed ogni intervento su attrezzature che vengono concesse gratuitamente dai titolari ai Gestori, per non forzare la norma sull’obbligo di acquisto in esclusiva (e l’Unem è arrivata addirittura a mettere in dubbio il principio dell’obbligo dei titolari d fornire il suddetto cartello).

5. IL SISTEMA SANZIONATORIO. L’ENTITA’ DELLE SANZIONI E IL RICHIAMO AL FATTURATO:
Atteso che le sanzioni ricadono sul Gestore, occorre far chiarezza su qualche punto. In prima istanza deve essere chiarito che la sanzione viene elevata se, al momento della verifica da parte degli organi preposti, si trovassero differenza fra i prezzi comunicati all’Osservatorio e quelli praticati (o fra quelli esposti e quelli evidenziati nell’erogatore). Deve essere chiarito, inequivocabilmente, che nessuna sanzione può essere applicata retroattivamente per due ragioni: la prima è che la violazione – fisicamente – è rilevata al momento della verifica e la seconda è che eventuali precedenti violazioni (tutte da verificare fisicamente e non su dati cartacei) non possono essere contestate ricostruendo, a ritroso, il percorso. In questo quadro – stante l’aleatorietà della comunicazione del prezzo medio regionale – questo non può essere ricompreso fra le violazioni ed elevato al rango di “mancata comunicazione all’Osservatorio”. Come una lettura meno malevola nei confronti dei Gestori della norma tenderebbe a suggerire.

E, poi, c’è il problema delle pene accessorie. Sull’entità delle sanzioni, queste non possono che essere valutate in ordine alle modalità di comunicazione/esposizione e delle pene accessorie (chiusure) introdotte nella Legge di conversione. Discorso a parte merita la questione dell’irrogazione delle sanzioni in funzione del fatturato. Qui la norma è chiarissima e discende dall’applicazione dell’art. 18 del DPR 600/73 con il quale il legislatore ha stabilito che, ai fini del fatturato, quello conseguito presso gli impianti di distribuzione carburanti debba essere “depurato” del prezzo riconosciuto al fornitore (cioè il solo margine pro-litro moltiplicato il litri venduti). Sarebbe infatti “folle” immaginare che un impianto che eroga 600 mc/anno possa esporre un fatturato di oltre 1 milione di €uro quando, in realtà, il suo fatturato è di circa 20.000,00 €uro lordi!

6. IL TEMA DELLA RECIDIVA E DELLE CHIUSURE CONNESSE. PENE ACCESSORIE:
Premesso che, in Italia, non esiste alcuna Categoria per la quale sia prevista – ammesso che si voglia utilizzare il codice del consumo – una sanzione accessoria che preveda la chiusura dell’attività di tale entità. Tale norma, ove dovesse rimanere all’interno del Decreto emanando rappresenterebbe di fatto un “eccesso di potere” in quanto si obbligherebbe – ammesso che la sanzione sia corretta e confermata – (nessuno può essere sottratto al suo Giudice naturale è il cardine della nostra dottrina giuridica) un Gestore a chiudere un’attività di cui non è il proprietario.

Non ci sarebbe necessità ma è meglio tornare a precisare che – nei casi in cui gli impianti siano affidati dai titolari degli impianti, ex lege, con contratti regolati dal DLgs. 32/98 e seguenti ed integrati con contratti di fornitura e/o somministrazione (sempre in funzione dell’obbligo di acquisto in esclusiva) – il Gestore non ha alcuna facoltà in merito all’impianto (se non quella di attendere alle vendite ed alla cura delle attrezzature destinate alla distribuzione, cedute in uso gratuito): non può inserire una propria attrezzatura, non può modificare in alcun modo il posizionamento anche di attrezzature banali (e non strettamente petrolifere).

Disporre la
chiusura per una “presunta recidiva” (da chiarire di quali violazioni) determinerebbe, nella migliore delle ipotesi, l’applicazione di una sanzione pecuniaria da parte del titolare dell’impianto quando non una vera e propria disdetta in applicazione delle clausole risolutive espresse contenute nel richiamato DLgs. 32/98. (e indicate nell’Accordo Interprofessionale del 29 luglio 1997). Ed anche l’applicazione della pena della chiusura, certo non sarebbe un elemento a vantaggio dei consumatori (che non trarrebbero alcun beneficio se non l’esibizione di un misero trofeo conquistato ai danni di un Gestore che, magari, ha ritardato di qualche ora la comunicazione del prezzo). E’ un atteggiamento repressivo fine a se stesso e che non ha alcun rilievo ai fini dei prezzi (a meno che la filosofia non sia quella di colpirne uno per educarne cento!).

Fonte figisc.it

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