Sarebbe sembrato persino stucchevole ritornare a parlare di “cartello”, ma sembra che quello sulle virtù taumaturgiche del cartello sia diventato come un vecchio disco di vinile rotto che si incanta sempre sullo stesso punto.
Qualche giorno fa la Commissione “di allerta rapida sull’andamento dei prezzi dei carburanti” (si chiama proprio così, neanche fossimo in pandemia!) si è riunita per udire dal Garante per la sorveglianza dei prezzi la prima relazione trimestrale sull’andamento del costo dei carburanti per il periodo luglio-settembre 2023.
Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, che ha presenziato all’evento, ha sostenuto – come testualmente riportato sul sito ministeriale – che “Il prezzo dei carburanti continua scendere. Il costo medio di gasolio e benzina è al di sotto dei 2 €/l, sia lungo la rete stradale che in quella autostradale, e risulta da settimane in costante e progressiva diminuzione. È accaduto esattamente ciò che avevamo previsto: le misure introdotte col decreto trasparenza si dimostrano efficaci e l’esposizione dei prezzi medi ha promosso una piena conoscibilità dei valori di mercato a vantaggio dei consumatori, che oggi possono scegliere consapevolmente dove rifornire il proprio veicolo”, così reiterando una dichiarazione resa pochi giorni prima.
Beninteso, ognuno la pensi e la dica come vuole o come crede, ma un paio di osservazioni preliminari non ci sembrano peregrine:
a) da almeno dieci anni in qua, il consumatore – per propria indagine, ovvero consultando numerose app private e pubbliche – sceglie “consapevolmente dove rifornire il proprio veicolo”, né per un tanto ha avuto bisogno di attendere fino al 1° agosto 2023 il “cartello”;
b) per quanto riguarda “una piena conoscibilità dei valori di mercato”, posto che la media del prezzo non costituisce un valore di mercato in sé vista la grande varietà dei prezzi, ma solo la sua astrazione statistica, dire che il cartello fa “conoscere” il mercato dei carburanti è un azzardo concettuale tanto ardito quanto, si scusi, semplicistico.
Ci venga perdonato se siamo costretti a raccontare – di nuovo sì, infastidisce pure noi sia chiaro! – come si costruiscono talvolta provvedimenti solo in base a come tira il vento delle notizie e come si costruiscono talvolta le “notizie” in genere.
I più attenti ricorderanno che, dopo il ripristino delle accise (o l’aumento, a seconda di come ci piace schierarci) a partire dal 01.01.2023, esplose sui media la notizia che la benzina stava arrivando a 2,5 €/litro, perché in alcuni impianti i prezzi erano particolarmente elevati.
Facciamo un esempio di quei giorni sui dati prezzi del Ministero: il giorno 5 gennaio 2023 le medie prezzo nazionali erano di 1,810 €/litro per la benzina self e 1,871 per il gasolio self, i prezzi comunicati erano in tutto, per questi due prodotti in questa modalità, 39.248, i prezzi superiori alla famigerata soglia di 2,500 € erano, in tutto, ben due (2), mentre tutti i prezzi superiori di 0,200 € alla media erano 311, pari allo 0,79 % di tutti i prezzi.
Magari sarà stata la “speculazione”, oppure l’aumento delle accise? Nella felice era Draghi (felice perché aveva ridotto le accise di 0,250 €/litro, con IVA 0,305 €/litro), tuttavia, non era insolito trovare situazioni di prezzo “sopra le righe”. Vogliamo fare un esempio? Sempre sui dati prezzi del Ministero: il giorno 5 ottobre 2022 (con accise ancora ridotte) le medie prezzo nazionali erano di 1,650 €/litro per la benzina self e 1,749 per il gasolio self, i prezzi comunicati erano in tutto, per questi due prodotti in questa modalità, 39.413, di prezzi superiori a € 2,5 ce n’erano già, in tutto, per la precisione due (2), mentre tutti i prezzi superiori di 0,200 € alla media erano 807, pari al 2,05 % di tutti i prezzi, una quota marginale, ma superiore di tre volte a quella del 05.01.2023. Nessuno lo sapeva?
A Ferragosto scorso, invece – apriti cielo! -, scoppia la grana della benzina a 2,7 €/litro. Anche in questo caso, facciamo appello ai soliti dati del Ministero: il giorno 16 agosto 2022 le medie prezzo nazionali erano di 1,944 €/litro per la benzina self e 1,842 per il gasolio self, i prezzi comunicati erano in tutto, per questi due prodotti in questa modalità, 39.758, di prezzi superiori alla nuova famigerata soglia di 2,700 € ce n’erano, in tutto… UNO (1), mentre tutti i prezzi superiori di 0,200 € alla media erano 144, pari allo 0,36 % di tutti i prezzi, una quota così marginale da esser pari al 50 % di quella del 05.01.2023.
Lo 0,36 %, lo 0,79 %, ma anche il 2,05 % fuori scala su TUTTI i prezzi: ci domandiamo come accada che su eccezioni come quelle sopra noiosamente illustrate si costruiscano campagne di stampa, si formino opinioni e…si adottino provvedimenti normativi (che poi si difendono a ogni piè sospinto), eppure è proprio accaduto ed ancora accadrà…
Andiamo oltre, per interrogarci (ma anche per spiegare al consumatore che avesse per caso voglia di informarsi) su come “le misure introdotte col decreto trasparenza si dimostrano efficaci” dal momento che “il prezzo dei carburanti continua scendere. Il costo medio di gasolio e benzina è al di sotto dei 2 €/l, sia lungo la rete stradale che in quella autostradale, e risulta da settimane in costante e progressiva diminuzione”.
Vediamo, come sempre, i numeri, non solo dei prezzi, ma – cosa ben più seria – anche dei fattori che li determinano.
Il 31.07.2023 “a.C.”, cioè avanti Cartello (si perdonino le allusioni ad Altro), la media prezzi self era di 1,913 €/litro per la benzina e di 1,766 per il gasolio, mentre il 26.10.2023 “d.C.”, ossia dopo Cartello, le medie erano rispettivamente tra i prodotti di 1,882 €/litro e di 1,875: la benzina è calata di -0,031 €/litro ed il gasolio è aumentato di +0,109 €/litro.
Nessuna variazione avendosi per l’accisa che, ivata, vale in ambedue i casi 0,889 €/litro per la benzina e 0,753 per il gasolio, sono cambiate invece le quotazioni internazionali dei prodotti finiti (il famoso Platt’s), che per la benzina, sempre dal 31.07 al 26.10, passano (sempre con IVA) da 0,794 €/litro a 0,704, e per il gasolio da 0,802/litro a 0,862: la benzina è calata di -0,090 €/litro ed il gasolio è aumentato di +0,061 €/litro.
Ma anche il ricavo industriale (o margine lordo) del sistema distributivo ha avuto le sue variazioni: sempre dal 31.07 al 26.10, quello della benzina (sempre con IVA) varia da 0,231 a 0,289 €/litro e quello del gasolio da 0,212 a 0,260 €/litro: sia benzina che gasolio segnano, rispettivamente, un aumento di 0,059 €/litro e di 0,048 (in media ponderata sul mix dei consumi tra benzina e gasolio, un aumento di 0,052 €/litro). In altre parole, visti prezzi e fattori, il prezzo alla pompa in self avrebbe potuto essere più basso se si fossero allineati i margini con le variazioni del Platt’s.
Ma, per quanto riguarda le virtù del “cartello”, con tutta la più buona volontà, ma anche in tutta franchezza, non è dato di scorgerne l’influenza: vuoi che il prezzo sia disceso (benzina), vuoi che sia addirittura aumentato (gasolio), tutto ciò è determinato primariamente dall’andamento del Platt’s e, in quota più o meno consistente, dall’altezza dell’asticella dei margini lordi della distribuzione (elemento che, peraltro, va traguardato sulle medie di periodi ben più lunghi di due giornate a confronto).
Certo, i prezzi medi si attestano (almeno nella modalità self) sotto la soglia psicologica di 2,0 €/litro, ma è tutt’altro che strano: dal 1° gennaio di quest’anno al 26 ottobre, la soglia dei due euro è stata superata per la benzina nella modalità self solo dal 16 al 26 settembre, e mai, in nessuna giornata per il gasolio self (diversa la statistica dei prezzi in servito: su 298 giornate di osservazione, la benzina ha registrato valori superiori a 2,0 € in ben 219, ed il gasolio in 112 giornate).
E – per dare informazioni corrette e per non parlare solo di cartelli – un tanto è dovuto al fatto che, ad esempio, la media della quotazione Platt’s dei prodotti raffinati è stata, nel periodo 01.01-26.10.2023 di 0,611 €/litro per la benzina e di 0,652 per il gasolio, contro, rispettivamente, 0,739 e 0,868 nel periodo 01.01-26.10.2022, ossia sempre rispettivamente 0,128 e 0,216 €/litro in meno; tali diminuzioni sono state totalmente o parzialmente annullate dagli incrementi delle accise, che, nello stesso periodo, sono risultate nel 2023 maggiori di 0,183 €/litro (per la benzina da una media di 0,545 nel 2022 a 0,728 nel 2023, per il gasolio da 0,434 a 0,617). E infatti, sempre nel medesimo periodo il prezzo medio self della benzina è stato di 1,851 €/litro nel 2022 e di 1,882 nel 2023 (con un aumento di +0,031 €/litro) e quello del gasolio di 1,834 nel 2022 e di 1,800 nel 2023 (con un calo di -0,034 €/litro), valori pressoché simili tra i due periodi, anzi, in media tra i due prodotti, pari a solo un centesimo in meno nel 2023 rispetto al 2022.
Nel 2022, nella fase più critica dei prezzi (ossia in marzo, prima del taglio delle accise, ma anche nel periodo giugno-luglio) veramente, e non solo per esagerazione mediatica, se non fosse intervenuto il taglio delle accise i prezzi avrebbero raggiunto una media di 2,5 €/litro.
Poi, con la diminuzione della quotazione dei prodotti e col contemporaneo aumento delle accise, il risultato è stato quasi neutro sul prezzo finale: una fortunata coincidenza, assai più che un rischio calcolato.
Tutti questi numeri – che la strana teoria del cartello dotato della facoltà di market maker sembra del tutto ignorare – rimandano alla vera informazione sulle ragioni per cui i prezzi aumentano o calano, sia che riguardino solo le grandezze quantitative (“quanto” il greggio, il cambio €/$, il Platt’s, le imposte, il margine di distribuzione?), sia le situazioni geopolitiche, macroeconomiche, tecniche che tutte insieme sono alla base delle dinamiche dei prezzi dei prodotti energetici.
Informazioni che – nonostante il tanto parlare periodicamente a vuoto dei prezzi della benzina – sembrano non essere patrimonio se non degli stretti addetti del settore petrolifero (e che, come si può ben dedurre, non sono mai entrate in testa ai vari politici e governi, da quando di carburanti si parla), ma che andrebbero socializzate con i consumatori per una consapevolezza reale.
Ossia che i fondamentali del mercato energetico sono esposti ad una elevata volatilità in quanto suscettibili di qualsiasi variazione: da un conflitto che scoppia ad una decisione di taglio della produzione (ma perfino ad un guasto temporaneo di una pipeline), dagli indicatori macroeconomici dei paesi consumatori allo stato delle scorte strategiche, dai sentiments di chi manovra speculativamente nel market paper (il mercato di carta svincolato da quello fisico, dove si scommette persino sul future del crack spread, il delta tra greggio e raffinato, al di là dei margini di raffinazione) al gap domanda/offerta stagionale od ormai strutturale (come ormai succede in un’Europa che mette al bando il fossile e finisce per dipendere energeticamente, e quindi produttivamente e socialmente, da altri), e via discorrendo…E che, infine, una variabile decisiva è anche quella della fiscalità nazionale.
Ed è proprio in grazia di questa non-informazione (crediamo consapevole, nel senso che non si fa notizia informando, ma solo sparando in aria fuochi artificiali) che, ad esempio, si sono sentite le associazioni dei consumatori denunciare varie volte come mai, se il greggio fosse sceso di un tot %, il prezzo alla pompa non fosse calato nella stessa misura, oppure, lo scorso anno, come mai i prezzi fossero così alti dal momento che in anni precedenti il greggio era stato anche più caro.
Facciamo un semplice esempio – proprio per non parlare sempre di cartello – del peso sui prezzi del tasso di cambio, visto che greggio e raffinati si scambiano in dollari.
Nel 2012 la media annua del greggio fu di 111,65 $/barile (la media annua più alta dal 2000 ad oggi), ossia di 86,86 €/barile, quella del Platt’s benzina di 1.033,24 $/tonnellata (803,83 €), ossia 0,607 €/litro, quella del Platt’s gasolio di 982,79 $/tonnellata (764,58 €), ossia 0,646 €/litro ed il cambio era di 1,2854 $/€; il prezzo self alla pompa della benzina fu mediamente in quell’anno di 1,786 €/litro e di 1,703 quello del gasolio. Se nel 2012 il tasso di cambio fosse stato quello del 27.10.2023, ossia 1,0541 $/€, il greggio sarebbe stato quotato 105,92 €/barile e non di 86,86, le quotazioni Platt’s benzina sarebbero state di 0,740 €/litro e non di 0,607, quelle del gasolio di 0,788 €/litro e non di 0,646, e, infine, il prezzo self della benzina sarebbe salito da 1,786 a 1,948 €/litro e quello del gasolio da 1,703 a 1,876 €/litro…E questo è solo un esempio relativo ad uno dei diversi fattori.
Per inciso – e solo per rinfrescare la memoria ai distratti -, nel 2012 le accise erano appena state fortemente aumentate (media accisa benzina 0,717 €/litro, gasolio 0,606) dal Governo Monti e nessuno si sognò neppure di rifarsi seriamente all’idea dell’accisa mobile…
Negli ultimi dieci-undici anni, per restare ai fattori endogeni del prezzo (ossia la fiscalità nazionale e il margine del sistema distributivo), per la parte della fiscalità le accise sono rimaste (a parte la parentesi del 2022, con la forte riduzione dei provvedimenti assunti dopo lo scoppio della crisi dell’Ucraina) sostanzialmente stabili (da 0,717 a 0,728 €/litro, da 0,606 a 0,617, a seconda che si parli di benzina o gasolio), e l’IVA è in tutto aumentata di un punto (dal 21 % del 2012 al 22 %, dal 1° ottobre 2013).
Per la parte relativa al margine del sistema distributivo, quest’ultimo è aumentato di 0,043-0,048 €/litro (da 0,153 €/litro, media self del 2012, a 0,196 nel 2023 per la benzina, da 0,156 a 0,204 per il gasolio): ad incidere su questo aumento è stato l’onere dell’obbligo di miscelazione biocarburanti che dal 2012 è aumentato di 0,045 €/litro, per cui si può considerare che anche il margine, in senso stretto, è rimasto sostanzialmente stabile.
Sui fattori esogeni (greggio, raffinati, cambio), confrontando lo stesso periodo, ossia le medie del 2023 con le medie del 2012, il greggio è sceso da 86,81 a 75,74 €/barile, il Platt’s benzina è variato da 0,607 a 0,614 €/litro, quello del gasolio da 0,646 a 0,645, valori sostanzialmente equivalenti, il tasso di cambio si è deprezzato di un 15,7 % (da 1,2854 a 1,0833).
Sul risultato finale – ossia il prezzo finale – il prezzo self è salito da una media di 1,786 €/litro a una media di 1,878 per la benzina, per il gasolio da 1,703 a 1,790, con un incremento, quindi, di +0,092 e di +0,087 €/litro rispettivamente.
Da allora l’inflazione in Italia è cresciuta di circa 21,5 punti percentuali.
Se dovessimo rivalutare al valore monetario di quest’anno i prezzi medi del 2012 alla luce di questo non trascurabile fattore, essi sarebbero pari a 2,144 €/litro per la benzina e a 2,045 per il gasolio.
Le domande che si pongono rispetto a fattori incidenti sul prezzo, come:
- situazioni geopolitiche fuori controllo;
- dinamiche macroeconomiche non ordinarie (recessioni, stagflazioni, costo del denaro);
- disallineamento del rapporto domanda/offerta della materia prima e dei derivati;
- gap o dipendenza da mercati terzi della raffinazione per i derivati;
- tasso di cambio;
- sacche speculative dei mercati finanziari del petrolio;
- tasso di inflazione;
- vincoli di finanza pubblica dati dal debito,
sono, pertanto, quale mai influenza ha potuto/può/potrà dispiegare la misura del cartello del prezzo medio? E, ancora, è codesta una opportuna “informazione” del cittadino e consumatore rispetto ai prezzi di un bene indispensabile come il prodotto energetico?
La “misura” di cui sopra, infatti, non potendo influenzare – per l’evidente impossibilità di incidere su livelli così complessi ed estranei al campo di competenza nazionale (solo eccettuata la fiscalità) – i macrofattori reali, è nata, sull’onda di spinte mediatiche di incredibile semplificazione, con la sola discutibile funzione di esercitare una sorta di sorveglianza o di dissuasione sui prezzi troppo “fuor dalle righe” verso l’alto, associandoli a qualche teoria complottistica sulla “speculazione”. E fuor dalle righe, nei fatti concreti, c’era (come c’è ancora!) solo lo zero virgola di tutti i prezzi.
Nella consapevolezza che risultasse peraltro giuridicamente impraticabile (stante la libertà del prezzo) “limitare” d’imperio il prezzo in sé troppo alto, la soluzione è stata vincolare tutti (“sopra, dentro o anche sotto le righe”) a fornire, sotto scacco di sanzioni, un’astrazione statistica, come la media del prezzo.
Si è trattato, in sintesi, di un mix negativo di cattiva informazione (ossia montata su dati inconsistenti) e di subitanea incauta reazione decisionistico/muscolare (ossia non adeguatamente ponderata – a che scopo, infatti, si raccolgono, milioni di dati dei prezzi se neppure si guardano! – ed esclusivamente orientata a tamponare falle mediatiche di una cattiva informazione).
Sia gli evidenti limiti intrinseci di questo provvedimento rispetto ai fattori reali, sia il marchingegno inventato alla fine quale “rattoppo” mediatico al problema dei prezzi, dovrebbero raccomandare ai suoi inventori una certa prudenza sia ad associare questa (purtroppo tocca definirla così) irrazionale “trovata” ad un qualsiasi effetto sui prezzi, sia a continuare ad alimentare informazione altrettanto approssimativa di quella che l’ha generata.
Non è così che si fa un servizio ai consumatori, soprattutto in un periodo in cui, per fin troppi motivi, i prezzi dei prodotti energetici sono esposti a notevoli e rischiose incognite, cui non è detto si possano opporre misure eccezionali di finanza pubblica come nel recente passato.
Fonte figisc.it