Impianti carburante abusivi, da Genova parte l’appello: “Vanno chiusi”

Ecco la fotografia della situazione in Liguria. I gestori di carburanti della Liguria si sono ritrovati a Genova attraverso un’assemblea unitaria che si è svolta nella sede di Confesercenti e che ha visto protagoniste le categorie di settore.

LIGURIA – Lotta ai contratti abusivi e agli appalti illegali, contrasto alle forme di sfruttamento, conclusione del tavolo di settore utile a mettere in sicurezza i lavoratori e un disegno di legge per riformare il comparto. I gestori di carburanti della Liguria si sono ritrovati a Genova attraverso un’assemblea unitaria che si è svolta nella sede di Confesercenti e che ha visto protagoniste le categorie di settore. Faib Confasercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio. Individuati alcuni precisi punti cardine su cui il settore chiede un intervento.

Secondo i dati in Liguria ci sono 526 impianti di carburante, di questi 31 si trovano lungo le autostrade (6%) mentre 25 sono impianti marini. Di questi 512 sono regolarmente attivi. In tutta Italia le pompe di carburante sono circa 22,7 mila. Il 13% sono abusivi mentre circa il 22% lavora con guadagni limitati spiega Giuseppe Sperduto, presidente nazionale di Faib Confesercenti. In Liguria nel 2005 erano gli impianti in funzione erano 605, in 18 anni si sono persi 93 impianti, circa il 15% (gli ultimi dati ufficiali si riferiscono al 2022). Le pompe bianche (quelle senza marchio) sono 94 (44 nell’area metropolitana di Genova, 22 in provincia di Savona, 15 in provincia della Spezia e 9 in provincia Imperia).

Per quanto riguarda il rapporto medio tra veicoli e impianti a Genova vede la presenza di 2.144 auto a benzina per impianto, 872 auto a gasolio per impianto, 812 auto a gpl per impianto e 1.215 auto a metano per impianto. E ancora, dei 760 milioni di carburante erogati all’anno in Liguria il 58% riguarda il gasolio, il 38% la benzina, il 3% gpl a cui si aggiunge una piccola parte in metano quantificato in circa 5,7 milioni di metri cubi.

“In Italia parliamo in tutto di circa 8 mila impianti tra abusivi, che sono circa 3 mila, e quelli che lavorano praticamente sotto la soglia di povertà – spiega ancora Sperduto che spiega come sarebbe necessario chiuderli -. L’attuale situazione è servita solo a reclutare manodopera a cui è imposta una situazione con orari e programmi che non calzano con le attività di piccoli imprenditori quali sono i gestori degli impianti”. Nel mirino ci finisce soprattutto Eni. “Tutti i contratti devono passare dalle associazioni di categoria ma Eni ha calcato la mano ed è partita con dei contratti d’appalto che da un punto di vista della dignità sono tutto meno che quello. Ha di fatto applicato un ricatto nei confronti dei gestori in scadenza e di quelli che andranno a scadenza nei prossimi anni. Il loro obiettivo è o toglierli dalla rete o fargli sottoscrivere un contratto d’appalto che altro non è che un contratto capestro”.

Fabio Bertagnini, presidente regionale Faib Confesercenti aggiunge: “Il programma di revisione delle rete non è partito, di fatto i contratti effettuati eliminano la figura del gestore, è un in atto un tentativo di eliminare questa categoria con dei contratti che riducono i margini di guadagno. Dall’altra parte sentiamo di non avere il sostegno delle istituzioni”

Oggi il guadagno medio di circa 3,5 centesimi al litro di carburante venduto. Si tratta di un guadagno fisso e che non cambia a seconda dei rialzi dei prezzi del costo del carburante. A questi si aggiungono i guadagni derivanti dalle eventuali attività accessorie, come ad esempio il cambio gomme, la sostituzione dell’olio e della batteria, servizio di autolavaggio, o persino il bar. E poi ci sono le stazioni di servizio che di fatto “andrebbero chiuse per una questione anche per una questione di sicurezza, fanno i collaudi e fanno una deroga sulla sicurezza, è inaccettabile. Serve una revisione della rete e i tagli agli impianti che non hanno più i canoni per restare attivi” conclude Bertagnini.

Fonte primocanale.it – Articolo di Andrea Popolano

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