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Transizione ecologica: dove vanno a finire le vecchie auto a benzina e diesel

Cosa accadrà alle auto termiche, in particolare a milioni e milioni di vecchie automobili a benzina e diesel che, da qui ai prossimi anni, verranno sostituite dai rispettivi proprietari per passare ai veicoli a batteria? Il processo è già in atto

Mentre crollano in Europa le vendite delle auto elettriche a batteria, lo scorso agosto è stata registrata una preoccupante diminuzione del 43,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e i continui dubbi espressi dal mercato, dagli stessi produttori, nonché dai potenziali clienti sull’adozione di questo tipo di motorizzazione, qualcuno inizia a porsi una domanda che potrebbe “intaccare”, nuovamente, il percorso che porta all’adozione delle Bev. Immaginando un mondo dove le auto saranno totalmente elettriche, seguendo gli esempi più o meno virtuosi di alcuni Paesi che cavalcano questa tendenza, Norvegia e Cina su tutti, la testata digitale americana Vox ha sollevato un dubbio: cosa accadrà alle auto termiche, in particolare a milioni e milioni di vecchie automobili a benzina e diesel che, da qui ai prossimi anni, verranno sostituite dai rispettivi proprietari per passare ai veicoli a batteria? La risposta la fornisce l’autrice dell’articolo: “Anziché rottamare i veicoli a benzina usati o venderli a livello nazionale, le nazioni ricche li spediranno nei Paesi in via di sviluppo dove i redditi limitati e il numero basso di proprietari di automobili hanno creato acquirenti desiderosi di modelli ancora più vecchi e scadenti”. Queste auto sarebbero, e lo sono già, considerate una vera manna dal cielo per coloro che nel Sud del mondo aspirano a possedere un’automobile, un lusso che noi occidentali diamo per scontato. Ma d’altro canto, questo commercio minerebbe gli sforzi volti a mitigare il cambiamento climatico a livello mondiale, perché spostare i veicoli che consumano benzina da un paese all’altro non riduce le emissioni globali. Non solo, l’utilizzo di vecchie auto importate a benzina renderebbe vani tutti gli sforzi per creare città sostenibili in questi Paesi privilegiando la “vecchia via” per agevolare lo sviluppo di metropoli create su misura per le auto “vecchia scuola” a discapito della mobilità alternativa e del trasporto pubblico. Un flusso che potrebbe replicare i destini dei nostri Raee, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, ma con una differenza. Come spiega Kate O’Neill nel libro Oro Sporco. Economia e politica della spazzatura (Luiss University Press): “Nel 2002, la Basel Action Network, la principale Ong che si batte contro il commercio internazionale dei rifiuti pericolosi, ha pubblicato lo straordinario rapporto Exporting Harm: The High-Tech Trashing of Asia. Il rapporto spiegava che i rifiuti elettronici, tra i quali vecchi portatili, cellulari, televisori, stereo e altri apparecchi, vengono esportati dall’Europa e dal Nord America nei Paesi del Sud del mondo. Rivelava inoltre che i lavoratori smontavano i vecchi dispositivi in condizioni di grave rischio recuperando rame, oro e altri metalli preziosi, per poi trasformarli e rivenderli”.

PAESI IN VIA DI SVILUPPO E AUTO

Secondo un rapporto pubblicato lo scorso giugno dall’Unep, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, nel 2022 sono state esportate circa 3,1 milioni di auto usate, rispetto ai 2,4 milioni del 2015. La maggior parte proviene dall’Europa, dal Giappone e dagli Stati Uniti. Circa un veicolo usato su tre esportato è destinato all’Africa, seguito dall’Europa orientale, dall’Asia, dal Medio Oriente e dall’America Latina. I modelli importati spesso dominano le vendite di auto locali, poiché le case automobilistiche internazionali inviano pochi veicoli nuovi al Sud del mondo e raramente vi stabiliscono stabilimenti di produzione, ad esempio, nell’Africa subsahariana, solo il Sudafrica possiede fabbriche locali. La richiesta di auto usate nei Paesi in via di sviluppo è in continua crescita, complice il prezzo d’acquisto, basso e abbordabile. Si tratta di auto usate, vecchie, altamente inquinanti, ma anche danneggiate, molte delle quali coinvolte in incidenti. L’articolo riporta uno studio effettuato nel 2020 dal governo dei Paesi Bassi secondo il quale la maggior parte delle auto usate olandesi inviate in Africa non possedeva un certificato di idoneità alla circolazione, oltre ad essere state prodotte più di venti anni fa. Secondo Andreas Kopf, autore di un rapporto stilato per conto dell’Itf, l’International Transport Forum, il ramo che si occupa di trasporti dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: “Un quarto delle auto usate inviate nei Paesi in via di sviluppo rispettano standard sulle emissioni che hanno almeno ventuno anni”. Non c’è ombra di dubbio, parliamo di un grande affare. L’articolo di Vox racconta come la vendita di auto usate nei Paesi in via di sviluppo stuzzica l’appetito di un grande gigante come la Cina: “Fino al 2019, la Cina ha vietato l’esportazione di veicoli usati concentrandosi invece sulla fornitura del suo fiorente mercato interno. Ora queste restrizioni sono state rimosse e il governo cinese sta promuovendo attivamente il commercio di auto usate perché può attrarre valuta estera e alimentare la domanda interna di pesi massimi dell’industria automobilistica come Byd e Geely. Inviando vecchie auto a benzina fuori dal Paese, la Cina può anche spingere i residenti ad acquistare nuovi veicoli elettrici, che il governo favorisce con sussidi e un recente programma di cash-for-clunkers che fornisce denaro a coloro che scambiano un vecchio modello di auto”. Senza dimenticare la Norvegia, dove l’adozione su larga scala di veicoli elettrici ha innescato un boom nelle esportazioni di veicoli a benzina usati, più che quadruplicate tra il 2012 e il 2022. L’Ue ha, fin qui, confermato lo stop dal 2035 alla vendita di veicoli alimentati a benzina, diesel e biocarburanti, idem il Giappone, mentre negli Stati Uniti l’amministrazione Biden ha giurato che la maggior parte delle nuove auto sarà completamente elettrica o ibrida entro il 2032. Secondo Andreas Kopf: “Se le esportazioni di auto usate in Europa, Asia orientale e Nord America seguissero l’esempio della Norvegia, questi Paesi spedirebbero collettivamente dodici milioni di veicoli a benzina all’anno, oltre ai potenziali otto milioni provenienti dalla Cina. Un totale di venti milioni di auto usate a benzina inviate annualmente nelle nazioni in via di sviluppo, ben sette volte superiore ai livelli attuali”.

Fonte gazzetta.it –  Articolo di Umberto Schiavella

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