Cosa finisce nei serbatoi delle nostre auto diesel? Tra leggende metropolitane di carburanti “allungati” e un numero crescente di indagini della magistratura che svelano gli appetiti delle mafie nel settore petrolifero, abbiamo voluto vederci più chiaro. Puntando le nostre lenti sul gasolio, i cui consumi annui in Italia sono il triplo della benzina.
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In tre zone diverse del paese – Torino, Roma e tra Napoli e Caserta – abbiamo acquistato 30 campioni di diesel – 10 per ciascuna area – in altrettante stazioni di servizio, sia pompe bianche che impianti a marchio, e li abbiamo fatti analizzare nel Laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane di Roma. I risultati che presentiamo nel nuovo numero in edicola del mensile il Salvagente e sono tutt’altro che scontati.
I risultati: 5 su 30 non sono conformi
Se infatti il settore da diversi anni è imperversato da frodi fiscali – la stima sull’evasione dell’Iva legata al commercio illegale dei carburanti è di 10-12 miliardi di euro l’anno – e dal contrabbando di gasolio proveniente dall’Est Europa ma anche dal Nord Africa via Malta, meno “ricorrenti”, come ci spiegano fonti qualificate sul fronte dei controlli, sono le non conformità chimiche che sono emerse dalle nostre analisi. In altre parole: se lungo la filiera degli idrocarburi è facile incappare in società “cartiere” che, per conto della criminalità organizzata, riciclano denaro negli impianti e, attraverso un “carosello”, riescono a vendere gasolio a un prezzo vantaggioso perché evadono le imposte, accise ma soprattutto Iva, meno ricorrente è trovare un gasolio non conforme perché, come è stato nel nostro caso, troppo infiammabile. Cinque campioni sui trenta analizzati infatti hanno riportato un punto di infiammabilità inferiore a quanto prevede la legge.
Il punto di infiammabilità e il sospetto sui solventi
Il motivo? Evidentemente contenevano una componente “volatile”, più infiammabile, tipica di un gasolio al quale può essere stato aggiunta della benzina, un olio minerale o addirittura un solvente industriale. Nel nostro caso non abbiamo approfondito la natura della presenza “sgradita” rinvenuta ma di sicuro non dovrebbe trattarsi di benzina perché, ammesso e non concesso che si trattasse di un’aggiunta volontaria, non sarebbe conveniente visto che sulla “verde” il peso fiscale è ancora maggiore rispetto al diesel. La natura di altre risultanze analitiche farebbero propendere per oli minerali e soprattutto per solventi industriali che, invece di essere smaltiti secondo procedura, possono finire nel gasolio per “allungare” il pieno nei serbatoi. Non senza conseguenze al motore come ci spiegano gli esperti che abbiamo intervistato.
“A queste condizioni danneggiano il motore”
L’uso di un diesel non conforme potrebbe compromettere l’efficienza del motore, addirittura la sicurezza di chi guida e non solo, vista la facilità con cui alcuni dei combustibili che abbiamo analizzato si possono infiammare.
In quali condizioni? Lo abbiamo chiesto a Enrico De Vita, giornalista, ingegnere meccanico e grande esperto di normativa automobilistica.
Ingegner De Vita, dalle nostre analisi 5 campioni sui 30 analizzati hanno riportato un punto di infiammabilità irregolare. Quali problemi può comportare un combustibile di questo tipo?
Il punto di infiammabilità, il cosiddetto flash point, misura la capacità di resistenza all’incendio del gasolio. In buona sostanza il diesel sottoposto a una fiamma libera non deve incendiarsi prima dei 55°C. I vostri risultati mostrano campioni che hanno addirittura un punto di infiammabilità a 41°C e questo rappresenta un problema di sicurezza nel caso di serbatoi sottoposti a temperature ambientali elevate.
Cosa potrebbe comportare?
In certe città del Sud, in estate, un gasolio con un flash point a 41°C potrebbe facilmente prendere fuoco se lambito da una fiamma. Normalmente, invece, il gasolio non si incendia neppure se gli spegnete una sigaretta dentro.
Un pieno di diesel con le non conformità emerse dalle nostre analisi, può danneggiare il motore?
In base ai risultati delle vostre analisi non sono in grado di dirlo perché dovremmo capire cosa è stato aggiunto a questi gasoli. Di certo c’è una componente più leggera che li rende più infiammabili ma non sappiamo se c’è benzina – che tenderei a escludere perché non renderebbe conveniente l’eventuale frode – altri oli minerali o, forse più probabilmente, solventi di scarto.
Il carburante “tagliato” con una di queste sostanze non ha nessun effetto sul veicolo?
Paradossalmente in un ambiente freddo, in inverno, un gasolio con un flash point basso favorisce l’accensione del motore; all’estremo opposto invece – con il caldo, in estate – espone invece a problemi di sicurezza. Diciamo che sono carburanti che non devono essere venduti perché fuori norma.
La presenza di solventi industriali è più grave?
Anche in questo caso bisogna capire di quali sostanze stiamo parlando. L’impiego di solventi di scarto usati per lo più per lavare le schede elettroniche negli impianti di produzione viene fatto per far sparire illegalmente quello che in realtà è un rifiuto speciale e come tale ha un costo elevato per essere smaltito regolarmente. Tuttavia, se nel solvente fossero finiti oli siliconici, questo sarebbe un problema serio per il gasolio: infatti dopo la combustione darebbe luogo a cristalli di silice che andrebbero a creare danni alle valvole e alle fasce elastiche dei pistoni.
Negli anni le frodi sui diesel sono molto cambiate: dall’aggiunta di acqua alla presenza di paraffine in eccesso, le problematiche per le auto sono state diverse. Oggi qual è il pericolo peggiore?
Un gasolio ricco di biodiesel – per legge se ne può aggiungere fino al 7% – fermo per molto tempo nel serbatoio rischia di produrre muffe, simili a delle alghe, e può compromettere la corretta alimentazione della pompa. L’uso di una componente vegetale ha una sua giustificazione ambientale, ma di sicuro, in certe condizioni, non garantisce al gasolio condizioni perfette e costanti dentro il serbatoio.
Fonte ilsalvagente.it – Articolo di Enrico Cinotti